In Poesie

L’urto della Sensibilità – Alberto Barina

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Prefazione
di Bartolomeo Di Giovanni

“Ogni fenomeno psichico è una rappresentazione di qualche cosa”.

Con questa frase di Brentano possiamo aprire la porta che ci introduce alla poetica di Alberto Barina.
Perché proprio questa frase?
Il poeta rappresenta quel “qual cosa” che con assidua costanza si presenta nella sua memoria senza bypassare tutte le emozioni dell’essere umano, ed in questo secolo di bypass ce ne sono molti, ma il nostro autore non si risparmia di vivere tra gioie e dolori, malinconie e nostalgie, ricordi e analisi del presente.
L’autenticità di Barina risiede proprio in questo saper essere, che trascende quel dover essere tanto inseguito nell’epoca del XXI secolo.
Se con l’occhio scrutante ci poggiamo sopra i suoi versi, ci accorgiamo di entrare dentro una tessitura morbida ma infittita da una trama che ci riconduce alla capacità del sapere osservare, cosa che, come detto prima, in questo non facile periodo, l’osservazione profonda è una dote assai rara.
Barina ci racconta la vanità attraverso un linguaggio ricercato, levigato da ogni struttura stucchevole, tanto da colpire, per dirla alla Voltaire, quella vanità che ha costruito la Torre di Babele.
Barina quindi demolisce Babele con mano apollinea e forza dionisiaca, dove la tragedia stessa diventa elemento filtrativo di sostanze biliose che corrodono i globuli fino a sbranare l’uomo con la sua stessa avidità.
Pertanto egli riesce a dire senza paura la condizione in cui l’umanità si è trovata, e nonostante il lamento accede con perseveranza allo sforzo di obbligarsi ad obliare.
C’è un altro campo che l’autore percorre senza ascoltare le continue e ossessive litanie di una società che sproloquia verbi imperativi quali:
Dimentica. Volta pagina.
Non pensare.
Ma un poeta che sa vivere nel ricordo come può ricorrere all’oblio volontario?
Cosciente che tutto ciò è impossibile, nei suoi versi si insiste il voler riconoscere l’alto valore pedagogico alla stessa memoria.
In alcuni componimenti si nota una poetica sociologica che evidenzia un uomo liquido (Bauman), dentro un uomo pieno di blocchi calcarei che non riescono a far muovere in modo circolare le umane emozioni.
Poesia quindi che denuncia il terrore di riconoscersi come enti che fanno esperienza spazio-temporale e altrettanto l’incapacità di portare la memoria sul podio formativo e performativo.
Sento il dovere di dire che Barina è l’autore di un “Ecce Homo” nella sua totalità, e sicuramente attraverso l’amore egli comprende la solitudine umana battezzata al vincolo di una libertà surrogata.
La sua visione d’amore è quella dell’uomo non comune, di un uomo che ancora ci crede, al di là di ogni fisicità, egli crede a quel perdurare dei sentimenti dove ci si sceglie come persone nuove e che hanno la volontà di esserci l’uno nell’altro.
Memoria che conduce al ricordo del primo momento che è elemento nutritivo delle due anime.
Essere cosmico cosciente dell’esperienza della parola che diviene carne per percepirsi come emanazione cosmica, divenire circolare che si eleva alla bellezza essenziale attraverso la grammatica poetica.

Bartolomeo Di Giovanni
(Theo John)